Via della Pieve di Santo Stefano, 967/C
Lucca
Chi non conosce Cristiano Tomei? È dal 2002 che vortica sulla scena gastronomica toscana: un ciclone di idee e di intuizioni accessibili solo a un cuoco autodidatta, privo di a priori che non siano le epifanie dionisiache del gusto. Dal 2019 spariglia nel patrizio Palazzo Pfanner, in centro a Lucca, con glauco dehors su settecenteschi giardini disegnati da Filippo Juvarra: un’ambientazione magnifica per le sue intemperanze. Ma attenzione: il suo è un gioco serissimo, come volevano i latini. Ogni assaggio scoperchia l’effetto sorpresa dall’auscultazione della materia, autoprodotta nell’azienda agricola o raccolta nei suoi spazi incolti, completata dove serve da artigiani e pescatori toscani. Per filo una memoria di casa, la cui madeleine è spesso scatenata dall’irruzione dell’amaro, gusto italiano per antonomasia.
Succede nel bao di triglia alla livornese, preparato col suo brodo e spolverizzato della polvere della sua testa fritta, con una salsa agrodolce che ricorda ricette perdute della beccaccia di mare (uccello conosciuto anche col nome di ostrichiere), capace di sfamare generazioni di indigeni. Oppure nei letterali ravioli al burro e salvia, ottenuti dalla pasta per croissant bollita su una foglia aromatica, più i fiori di acacia a ingentilire. La buzzonaglia che accompagna il tonno è condita alle spezie del biroldo; il riso all’elicriso spolverizzato di borragine essiccata, ricca di omega 3, per emulare le acciughe marinate.
Si spende 110 euro per cinque portate, 130 per sette, 150 per nove più il dessert. In abbinamento tanti vini toscani, provenienti da piccole e grandi realtà spesso naturali. Ma la passione dello chef sono le etichette francesi.
