Via Ghibellina, 87
Firenze
È sempre difficile confrontarsi con una leggenda. Soprattutto la propria. Ma nel caso dell’Enoteca Pinchiorri, che da oltre mezzo secolo è a Firenze – anche a prescindere dalle alterne fortune critiche – simbolo assoluto della ristorazione di eccellenza, la sindrome è inevitabile. Così come, aggirandosi tra le sale sontuose e il tintinnare dei cristalli, non è facile sfuggire alla suggestione di trovarsi al cospetto di un tempio dell’enogastronomia, con i suoi riti e le sue liturgie, ivi inclusa la visita con cadenze da museo alla leggendaria cantina.
Al netto di tutto questo, però, la sorpresa più piacevole è testare ogni volta la forza rassicurante della cucina di Riccardo Monco, chef capace di imprimere ai piatti un’identità diretta e convincente, niente affatto frivola, né cervellotica, né tantomeno fine a se stessa. Colpiscono anzi la centralità delle portate e il loro convincente equilibrio, che non lascia indietro la sostanza e non dimentica la levità. Una qualità che, scegliendo alla carta, troviamo ad esempio nel cannellone in sfoglia croccante ripieno di gallina in umido con fonduta di cipolle ramate e crudaiola di cozze alla marinara e che si replica in un secondo piatto di rara bontà come il maialino di Mora Romagnola cotto in brodo e poi allo spiedo con radicchi alla senape, clorofilla di rucola e maionese di carote piccanti. Fra i dolci piacciono particolarmente le fragole con nocciola e infuso di sambuco.
Del vino qui conservato è stato scritto praticamente già tutto, e nulla si può aggiungere, se non condensandolo in un unico aggettivo: monumentale. Il servizio, che si muove sotto l’occhio attento di Alessandro Tomberli, è impeccabile e discreto. Due i menu degustazione a 375 e 390 euro. Spesa alla carta sui 350.
